A differenza dei precedenti discorsi, nel settimo e ultimo Stato dell’Unione Barack Obama non si è tanto concentrato sul 2016, ma ha cercato di tracciare l’eredità della sua presidenza guardando ai «prossimi cinque, dieci anni e oltre». Il Presidente ha toccato vari punti, dall’economia alla politica estera, sottolineando come gli Stati Uniti oggi non siano una potenza in declino; al contrario, ha rivendicato la leadership globale di Washington che, forte di una solida ripresa economica e della rivoluzione energetica, ha le carte in regola per continuare a giocare il ruolo di egemone. Una supremazia nel sistema internazionale, questa, che però deve essere esercitata «senza diventarne il poliziotto», ma, a partire dalla lotta al terrorismo, con «un approccio più intelligente, una strategia paziente e disciplinata che usa tutti gli strumenti» del potere americano. Obama ha poi ribadito la priorità della lotta al cambiamento climatico, chiedendo al Congresso di non ostacolare le riforme green che la sua amministrazione sta portando avanti. Infine, analizzando le questioni interne, il Presidente si è rivolto a tutta la classe politica invitandola, in un’era di forte polarizzazione partitica, all’unità di fronte all’avanzata trasversale del populismo.
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