In un sondaggio condotto da Real Clear Politics il 22 maggio 2016 Donald Trump supera nei consensi a livello nazionale Hillary Clinton per la prima volta dall’inizio della stagione delle primarie.
Sondaggio IPSOS/Reuters condotto tra il 14 e il 18 maggio 2016 su un campione di 1611 americani, dei quali 751 democratici, 556 repubblicani e 208 indipendenti.
Una vittoria e un pareggio: è questo il risultato dell’ultimo round di primarie democratiche tenutosi il 17 maggio in Oregon e Kentucky. Nel primo dei due stati Bernie Sanders ha ottenuto, con il 54,3% dei voti, una netta vittoria su Hillary Clinton, ferma al 46,3%, mentre nel secondo l’ex Segretario di Stato ha strappato una vittoria con uno scarto di pochissime migliaia di voti sul Senatore del Vermont (46,8% per la Clinton contro 46,3% per Sanders).
Le difficoltà riscontrate da Hillary Clinton nel corso della sua campagna presidenziale affondano le proprie radici nell’intero sistema politico-elettorale americano, tendenzialmente chiuso alla partecipazione femminile. Questa constatazione offre un’occasione di riflessione in primo luogo sulle ragioni alla base dello scarso appeal della Clinton verso l’elettorato (anche verso quello femminile), in seguito, sul ruolo che l’appoggio delle donne può ricoprire nella corsa alla Casa Bianca.
Sondaggio IPSOS/Reuters condotto tra il 7 e l’11 maggio 2016 su un campione di 1611 americani, dei quali 691 democratici, 622 repubblicani e 176 indipendenti.
Sondaggio IPSOS per Reuters condotto tra il 30 aprile e il 4 maggio 2016 su un campione di 1227 cittadini statunitensi, dei quali 524 democratici, 451 repubblicani e 190 indipendenti
I risultati delle primarie in Indiana forniscono a Donald Trump de facto la nomination per il Partito Repubblicano, confermando i sondaggi che lo vedevano largamente in testa. Con oltre il 53% dei consensi, il businessman newyorkese si aggiudica la vittoria nello stato del Midwest, assicurandosi quasi tutti i 57 delegati che le votazioni mettevano in palio per il Grand Old Party (GOP) e costringendo al ritiro entrambi i suoi inseguitori: sia
Di Gianluca Pastori,
Oggi negli Stati Uniti, nello stato dell'Indiana, si tiene un nuovo round di primarie per il partito democratico e repubblicano. In palio vi sono 92 delegati per il partito dell’Asino e 57 per quello dell’Elefante.
Il 1 maggio, Barack Obama ha tenuto il suo ottavo e ultimo discorso da Presidente degli Stati Uniti all’annuale cena dei corrispondenti alla Casa Bianca. Informali, ricche di ironia, punzecchiature e sarcasmo, le sue parole non hanno risparmiato nessuno. Obama ha ironizzato su sé stesso, sulla First Lady Michelle, e sui probabili candidati alle future presidenziali americane, ovvero Hillary Clinton e Donald Trump.
Il discorso di ieri di Trump è stato il suo primo interamente dedicato alla politica estera e, non a caso, è stato ospitato dal Center for the National Interest. Trump si è concentrato su ciò che in tempi forse meno politically correct sarebbe stato definito 'sacro egoismo', e che oggi si presenta con un più attraente slogan come è 'America first'. (...)
Ieri Donald Trump ha tenuto al Mayflower Hotel di Washington il suo primo discorso sulla politica estera che adotterebbe se venisse eletto Presidente degli Stati Uniti. Quali i punti principali del suo discorso?
Le votazioni per le primarie dei cinque stati della costa orientale (Maryland, Pennsylvania, Delaware, Rhode Island e Connecticut) di ieri, 26 aprile, si sono concluse con una netta vittoria di Donald Trump per il Partito Repubblicano e di Hillary Clinton per il Partito Democratico, ribadendo l’esito delle primarie di New York. (...)
Il risultato dello stato di New York ha rappresentato la definitiva consacrazione di Hillary Clinton mentre Donald Trump ha ottenuto una importante vittoria sul suo rivale diretto, Ted Cruz, allontanando (forse) lo spettro della “brokered convention”. Ora si inizia a parlare di alleanze e ticket presidenziali, ben sapendo che chiunque uscirà come vincitore dalle convention di luglio dovrà necessariamente tenere conto del peso degli sconfitti giunti fino a qui. (...)
Con il 48,3% dei voti, Ted Cruz ha vinto le primarie repubblicane in Wisconsin, ottenendo 33 delegati e portandosi dunque a 237 delegati di distanza da Donald Trump. Quest’ultimo si è classificato secondo nella competizione del “badger state”, che assegna i delegati repubblicani con un metodo maggioritario (winner-take-most), ottenendo così 3 delegati a fronte di un 35,1% di consensi. Terzo, con ampio distacco, il governatore dell’Ohio John Kasich (14,1% dei voti). (...)
Sondaggio IPSOS per Reuters condotto nel periodo 27-31 marzo su un campione di 1.858 cittadini statunitensi, di cui 781 democratici, 665 repubblicani, 224 indipendenti.
Lo hanno ribattezzato il “mega–Tuesday”, il secondo appuntamento elettorale più importante delle primarie statunitensi di quest’anno. Dopo il voto di ieri, in campo democratico la nomination sembra concretizzarsi per Hillary Clinton, mentre in campo repubblicano si rischia una spaccatura del partito. Il candidato repubblicano considerato più “presidenziabile”, Marco Rubio, abbandona la competizione dopo aver subito una sonora sconfitta nello stato di cui è senatore, la Florida.
Ritiratosi Rubio, il candidato più “presidenziabile” tra i partecipanti alle primarie, l’ultima speranza del Partito repubblicano per impedire l’assegnazione della nomination a Donald Trump sembra essere la “brokered”, o “contested”, convention. Si ha una “brokered convention” nel caso in cui nessun candidato arrivi al termine delle primarie con il numero di delegati necessari a vincere la nomination (che per i repubblicani sono 1237).
Nel momento in cui sembra profilarsi come inevitabile lo scenario di uno scontro Trump–Clinton, a meno del verificarsi dell’ipotesi della “brokered convention”, è interessante rilevare come mai come oggi i candidati che con ogni probabilità vinceranno la nomination del partito e si contenderanno dunque la presidenza del paese non stiano dimostrando una grande capacità di entusiasmare gli elettori.
Dal Michigan arriva l’ennesima sorpresa di questa strana corsa elettorale. Bernie Sanders, l’outsider che sta dando del filo da torcere a Hillary, ha ottenuto il 49,9% dei voti (65 delegati) contro il 48,2% (58 delegati) della rivale, rovesciando qualsiasi pronostico o sondaggio, che dava invece a Hillary oltre 20 punti di vantaggio.